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Calcio di inizio del futuro

09.02.2012 21:52

 

Una nuova era del calcio

Sono ormai noti i termini della legge del fair play finanziario: dalla stagione 2012/2013 i club che parteciperanno a competizioni UEFA, non potranno presentare un bilancio in rosso di più di 45mln per i primi due anni per poi scendere fino a 5mln, considerato un gap fisiologico, pena l’esclusione da tutte le competizioni europee. Insomma non si può spendere più di quanto si guadagni e, ad oggi, lo scenario europeo appare in netta crisi. Fatturato annuo dei maggiori campionati europeiDifficile immaginare una Champions senza le milanesi, il Barcelona e le inglesi Chelsea e Manchester United, eppure sembra che il presidente dell’UEFA, Michel Platini, faccia davvero sul serio. La manovra è stata varata per limitare l’investimento di capitali da parte di fonti esterne, far sì insomma che il calcio sia autosufficiente. Niente più sceicchi, niente più campagne faraoniche in stile Galacticos, piuttosto lungimiranza e oculatezza sugli acquisti, ma soprattutto la costruzione di un settore giovanile credibile, nonché di una serie di strutture commerciali che gonfino il fatturato della società. E sì, perché sono escluse dai debiti di bilancio tutte le spese che riguardino la crescita della società, dal settore giovanile allo stadio di proprietà. Da questo punto di vista è l’Italia a trovarsi in maggior svantaggio rispetto alle altre nazioni. Ad oggi la sola società a possedere uno stadio di proprietà in Italia è la Juventus. Ma perché da noi il calcio è così fossilizzato? Tornando indietro nel tempo ci si accorge che mentre l’Italia poteva vantare il campionato più bello del mondo con le stelle Gullit, Van Basten, Maradona, Matthaeus e lo stesso Platini, in Spagna, in Inghilterra e in Germania si pensava al futuro. Basti pensare che grazie alla cessione di Luis Suarez all’Inter nel 1961, il Barcelona rinvigorì il settore giovanile e rimodernò il Nou Camp, e così è stato per la maggior parte delle squadre europee (Dal 2000 al 2008 le società di Premier League, proprio loro, non lo Stato, hanno investito nei loro stadi quasi un miliardo e mezzo di euro al cambio attuale). In alcuni casi, come quello dell’Arsenal, lo stadio di proprietà garantisce addirittura il 45% del fatturato annuo, al contrario del 17% del Milan e del 14% dell’Inter. L’unica attenuante per le squadre italiane è la presenza dei gruppi di ultrà, che non rendono gli stadi accessibili a tutti, ben lontanti dalle oasi per famiglie costruite in Inghilterra e Spagna. Per quanto riguarda invece i settori giovanili l’Udinese è l’unica società a guardare al futuro stabilendo grandi plusvalenze (pur non investendo sugli italiani) tramite l’acquisto di giovani pressocché sconosciuti rivenduti a cifre esorbitanti (Alexis Sanchez: acquistato per poco più di 1mln di € e rivenduto per una somma totale di 37.5mln). Thiago Alcàntara (CC/TRQ - 1991 - FC Barcelona)Insomma sarà sempre più difficile vedere nei nostri vivai talenti del calibro di Mario Götze, Thiago Alcàntara, Eden Hazard: nuove stelle del calcio europeo , presto campioni. Ci si domanda spesso perchè non siano mai italiani questi campioni. Già , perchè? Senza dubbio qui da noi il calcio è molto diverso se confrontato alla Spagna, all'Inghilterra e soprattutto alla Germania. In Italia il calcio è uno stile di vita che non si ferma alle partite della domenica (quando ancora si giocava alla domenica). Per molti italiani il recente sciopero è stato un vero e proprio dramma , una tragedia per un popolo di ''futboleros''. Dal punto di vista del gioco si può dire che l'Italia stia attraversando una sorta di età buia , e basta andare in Spagna per accorgersene; un’ora e mezza di volo ci porta a Barcellona , Catalunya , la nuova capitale del calcio mondiale. Tutti gli amanti del calcio hanno assistito ad almeno una partita degli ''alieni azulgrana'', ma dietro ad un dribling di Messi , un gol di Villa ed una geometria di Xavi c'è un lavoro , e che lavoro! Almeno otto undicesimi del Barcellona provengono dalla Cantera (trad. Buco , cava) , traducibile in italiano con ''vivaio , settore giovanile''. I ragazzi della cantera , molto spesso , arrivano quando sono ancora piccoli , intorno ai sette anni. Qui vi apprendono l'immensa filosofia calcistica catalana: il ''pasa y control'' , ''passa e controlla''. Già , passa e controlla , è questo il motto. Così i giocatori crescono molto presto , e fanno il loro esordio in campionato e in Champions League. Subito , perchè il Barcellona ha bisogno di gambe giovani e abituate al ''pasa y control'' , una filosofia vincente a quanto pare. Stesso discorso vale per la rinata Germania. Molti non sanno che la riscossa tedesca , da tutti i punti di vista , è nata dopo l'eliminazione ad Euro 2000 , ingloriosa (è dire poco)per i teutonici ,convinti dalla vergogna a rifondare l'impostazione calcistica ripartendo da zero. La forza trainante del progetto sta nel 4-2-3-1 ,un modulo da molti (vedi un certo Josè Mourinho)considerato perfetto , con tre mezze punte pronte a supportare il centravanti ,il tutto condito da tanti polmoni giovani . E poco importa che gli interpreti non siano 100% made in Germany: i vari Khedira , Özil , Gomez e Podolski non sono tedeschi , ma si sentono tali , sono nati in Germania. Non hanno gli occhi azzurri e i capelli biondi. Ma hanno la Germania nel sangue. Questo , purtroppo , non accade in Italia. Così , tra un catenaccio e l'altro andiamo avanti , andiamo avanti con la nostra mentalità opportunista e rinunciataria. Noi il ''pasa y control'' non lo avremo mai , e non saremo mai ''uber alles''. Certo è che per fare un bel calcio dovremmo cambiare radicalmente, puntando sui giovani e pensando che ci sia solo da guadagnare. Perchè in fondo il calcio non è altro che un gioco, il più bello al mondo, certo, ma pur sempre un gioco.

Giulio Calabrese e Giulio Di Nicola 


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