Il calcio, si sa, è lo sport più amato e seguito nel mondo, inferiore ad altri per importanza soltanto in Nord America e nell'Estremo Oriente. Tuttavia, anche negli Stati di queste due aree geografiche del pianeta il calcio si sta diffondendo, incominciando ad appassionare le nuove generazioni. Negli USA il soccer è lo sport più praticato tra le ragazze (le Stars and Stripes sono state vincitrici di due mondiali e tre olimpiadi) e anche la Nazionale maggiore maschile ha raggiunto negli ultimi anni risultati importanti. Notevole è poi l'evoluzione che in questi anni ha avuto il calcio in Paesi come EAU, Australia, Giappone e Cina, nei quali i calciatori, anche di un certo nome e con un passato illustre, sono andati a giocare, dando lustro a campionati nazionali fino a pochi anni fa sconosciuti ai più: Anelka, Dario Conca, Bresciano, Cannavaro, Toni, solo per citarne alcuni, hanno deciso di provare questa esperienza, lasciando da parte le ambizioni, spinti dagli alti ingaggi che, a fine carriera, solo qui un calciatore può pretendere.
Una delle realtà che si stanno affermando in queste località esotiche è costituita dalla I-League, la massima competizione calcistica dell'India, di cui, nelle ultime settimane, si è parlato molto. Perché? Partiamo dall'origine.
Nel 2007, su iniziativa della federcalcio indiana, nasce la I-League (India League), per sostituire la precedente National League, nata soltanto nel '96 e ormai in declino. Nonostante questo rilancio, il calcio continua a non attrarre il grande pubblico e ciò spinge il comitato esecutivo ad escogitare una mossa in grado di risvegliare l'interesse del popolo indiano. E la grande idea non tarda ad arrivare.
E' la Celebrity Management Group, stipulando un contratto triennale con la federcalcio indiana, ad organizzare il nuovo torneo, che partirà il 28 febbraio per volgere al termine l'8 aprile. La formula? Prima un girone all'italiana, con partite di andata e ritorno tra le sei squadre impegnate (Calcutta, Barasat, Haldia, Howrah, Siliguri, Durgapur), poi le semifinali tra le prime quattro e, infine, la finale. Fin qui nulla di particolare, se non fosse che gli organizzatori, proprio per ottenere il massimo successo dall'evento, abbiano coinvolto grandi campioni del passato: da Fernando Morientes a Robert Pires, passando per Robbie Fowler, Hernan Crespo, Juan Pablo Sorin, Nuno Maniche, Jay Jay Okocha e il nostro pallone d'oro Fabio Cannavaro. Una media di 600 mila dollari a testa, e tutto per promuovere il calcio.
Curiosa è anche la modalità di “costruzione” delle squadre. Ogni club ha un salary cap di 2,5 milioni di dollari: una parte se ne va per l'acquisto delle star, mentre per il resto della squadra, proprio come succede nel Mls americana, sono indette audizioni attraverso le quali le squadre si spartiscono i giocatori. Ogni team potrà inserire fino a un massimo di quattro testimonial stranieri: il loro acquisto si svolgerà tramite un'asta e, ovviamente, le squadre dovranno saper gestire il denaro a propria disposizione per completare la rosa. Insomma, una vera e propria spartizione stile asta del fantacalcio. Da notare poi la presenza di allenatori come Fernando Couto, (siederà sulla panchina del Calcutta), e l'obbligo per ogni squadra di tesserare almeno sei under 21. Sì, perché scopo di questo evento è anche quello di aprire nuove prospettive ai giovani indiani che, si spera, potranno in futuro costituire una nazionale indiana più competitiva di quella attuale, al 162° posto nel Ranking FIFA.
Sognando Beckham non è più soltanto un film culto di Bollywood. In un Paese come l'India, in cui il calcio non sarà mai importante quanto il cricket, sport nazionale per eccellenza, creare quantomeno una cultura calcistica è, ora, un progetto reale, concreto, e nonostante occorra ancora tanto tempo per la sua realizzazione, ha trovato in delle grandi stelle del passato i pionieri di cui aveva bisogno.
di Giacomo Adelfio